La mia Ostia

di Aldo Marinelli

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Intervista a Giovanna Avignoni autrice del libro "Sono nato troppo presto" e "Come una bolla"

Intervista a Giovanna Avignoni

la città di Ostia

Giovanna Avignoni, maestra della Scuola Primaria Quinqueremi, ha scritto un bellissimo libro dal titolo "Sono nato troppo presto" che ha come tema la disabilità. La passione per il suo lavoro e la sua grande professionalità mi hanno davvero emozionato!!!
La intervisto allo Sporting Beach di Ostia, in un pomeriggio caldo di giugno. Lei è molto emozionata, perché come lei stessa afferma "Scrivere un libro è come far crescere un figlio con amore. Giorno dopo giorno si scopre quanto sia impegnativo ma, nello stesso tempo, come sia meraviglioso. Non si può fare a meno di non pensarci e non si può non lasciarlo libero di crescere"

Raccontaci un po' di te, Giovanna?

Sono nata a Roma nel 1964, ed arrivo ad Ostia nel 1972, perché papà aveva preso un lavoro a Fiumicino. Ho iniziato le scuole a Ostia dalla terza elementare, alla Garrone. Le scuole medie invece le ho frequentate sia alla Parini che alla Sangallo: era periodo di doppi e tripli turni (alle Immacolatine), perché era ricco di bambini in quanto Ostia stava crescendo "fisicamente". Le superiori, avendo già scelto il percorso dell'insegnamento, le ho fatte a Roma, perche qui non c'era il Magistrale!

Che ricordi hai di Ostia di quel periodo?

Io venivo da una borgata di Roma, Casal Bertone, e quando sono arrivata qui, sotto casa mia, a Viale Vasco di Gama, non c'erano ancora le strade. C'era solo erba e sabbia, Santa Monica era appena accennata, e dietro c'era la pineta. Io giocavo nel cortile di casa a campana e con le palline, la sera uscivamo a comprare il ghiacciolo.

Come hai iniziato ad occuparti di disabilità?

Finite le superiori mi sono iscritta alla Facoltà di Psicologia alla Sapienza, cercando di frequentare un'università poco strutturata con lezioni nei cinema o nei teatri (come per esempio al Don Orione).
Grazie a mia mamma venni a sapere di un corso all'ODA di Ostia, in viale della Vittoria, per insegnanti specializzati di sostegno. Era un corso a livello parauniversitario, tenuto da grandi esponenti come la professoressa Ragusa di matematica o il neuropsichiatra Di Baldi.
Qui ho cominciato ad avvicinarmi al mondo del diversamente abile, che allora si chiamava handicappato.
Questo corso non aveva niente a che vedere con la disorganizzazione universitaria: era ben strutturato e i professori erano in gamba. Durò due anni, con gli esami ogni anno e una tesi finale.
Ho lasciato quindi psicologia ma in seguito ho preso due lauree: Scienze dell'Educazione e Scienze Pedagogiche!

Quando hai iniziato a lavorare?

Proprio grazie al corso, già nel primo anno ho iniziato a lavorare nella scuola: avevo 19 anni! Ero un'insegnante specializzata, nel 1984..una delle prime a Ostia...
Credo che il caso nella vita sia fondamentale: grazie al corso ho ottenuto una preparazione così importante che ho affrontato il Concorso Magistrale nel 1985 quasi senza studiare, approfondendo soltanto quello che nel corso non avevo toccato. Ho vinto sia per la scuola elementare che per la scuola d'infanzia, ma anche come postino, perché non lasciavo niente di intentato. Mi arrivarono tre richieste contemporaneamente e scelsi ovviamente quella della carriera di maestra elementare!
A settembre 1986 quindi, mi ritrovo a lavorare a Fregene per 5 anni, passando ogni mattina per via Coccia di Morto, che allora era stretta stretta e d'inverno rotolavano i cespugli di arbusti come nel Far West.
Poi mi sono sposata, e ho chiesto il trasferimento qui a Ostia, dove mi hanno assegnato subito alla Quinqueremi da dove non mi sono più spostata! Era il 1990, e sono 24 anni che sto qui!
Per i primi due anni sono stata insegnante di sostegno ma dal 1992 ho iniziato come maestra di italiano e musica. La mia specializzazione verso i disabili mi ha permesso sempre di avere uno occhio diverso verso di loro. Mi ricordo il mio primo alunno: era un bimbo autistico molto grave, ma subito con lui iniziammo un percorso di integrazione che ci ha portato a 3 campi scuola. Ho visto tanti bambini con problematiche differenti, ma in ognuno cerco di tirare fuori il meglio!

E il tuo libro infatti ha come protagonista un bimbo disabile?

Fabio è un bimbo che è nato troppo presto, prima del tempo. Nasce col fratello gemello e con lui farà un percorso di vita accompagnato dalla mamma e dal nonno!
Questo bimbo non parla e non cammina, perché durante la rianimazione ha avuto una problematica che ha intaccato l'area cerebrale. Vive a casa coi i nonni e la mamma: il papà li ha abbandonati dopo la nascita, con suo stesso grande dolore. L'amore verso la moglie e i figli c'era ma era talmente forte la paura di affrontare una vita con un disabile che sceglie la strada dell'abbandono.
Questa donna, si trova ad affrontare un percorso faticosissimo, ma viene supportata da un padre speciale.
Inizialmente questo bambino non prende coscienza della sua disabilità, ma comincia a sentirsi tale quando gli altri lo guardano con occhi diversi. L'occhio dell'altro è molto impaurito ma allo stesso tempo ipocrita.
Nel libro seguo il suo percorso fino all'Università, perche Fabio si laurea grazie all'aiuto dei familiari e alla voce del fratello! Il canale con cui comunica all'esterno è quello della creatività, che viene sfruttato al meglio! Esistono nel romanzo anche delle vie riabilitative in acqua e logopediche che comunque lo aiutano.
Fabio ha un percorso di vita come tutti i ragazzi pur essendo un disabile grave.

Come nasce l'idea di questo libro?

Questo libro nasce dalla storia che sto vivendo adesso, perché in classe da quest'anno ho un bimbo disabile. Lui ci sta dimostrando quanto è vero che lo stimolo e il credere nell'essere umano sia fondamentale, senza lasciare nulla di intentato!
Il romanzo già era dentro di me, ma questa situazione è stata la scintilla! Un pomeriggio, senza rendermene conto, ho iniziato a scrivere.
Sono stata a contatto con molte persone nate prima del tempo, come per esempio una bambina del ciclo precedente nata a 6 mesi oppure una mia compagna delle magistrali e che adesso insegna, nonostante la disabilità. Non è detto quindi che chi nasce disabile debba restare tale: se gli altri lo vogliono fortemente probabilmente sarà così, ma se c'è una spinta esterna e ci si crede qualcosa si può ottenere.
Col bimbo di quest'anno, cerebroleso grave su una carrozzina, stiamo ottenendo risultati giorno per giorno. Ha cominciato a parlare, a leggere le lettere, le sillabe e poi le parole. Lavoriamo su un metodo ben strutturato che però giorno per giorno viene modificato in base alla richiesta del bambino. Stiamo facendo gli apripista con metodologie in evoluzione...
La mamma (a cui è dedicato il libro) è un vulcano di idee e di stimoli: esiste la condivisione, la strillata come se fosse un bambino normale! Stiamo ottenendo dei risultati insperati: rispetto al programma scritto all'inizio dell'anno abbiamo ottenuto dei miglioramenti incredibili! Grazie al bombardamento continuo di stimoli sia da parte nostra, che dei compagni e del personale non docente e dell'insegnate di sostegno. Grazie alla LIM (la lavagna elettronica) riusciamo a canalizzare la sua attenzione...inizialmente riusciva a concentrarsi per due o tre secondi, adesso riesce fino ai 10/15 minuti.

Il libro è ambientato ad Ostia?

Non è prettamente ambientato ad Ostia, ma in una località di mare...anche se una parte di Ostia c'è! Mentre lo scrivevo pensavo ad alcuni luoghi di Ostia: la mia scuola, il lungomare. Ostia comunque è la mia città e quindi il mio vissuto esce sempre fuori.

Qual è il posto di Ostia dove ti fermi a pensare?

Non il pontile, non amo il vento...mi piaceva andare al Parco del XXV novembre, quando era bello.
Quando ero in maternità della mia prima figlia andavo al Lido soprattutto d'inverno: sicuramente nel libro c'è un ricordo di questo stabilimento..c'era l'accesso al mare ed entravo con la carrozzina...22 anni fa esisteva un pontiletto. Probabilmente proprio lì sta la mamma di Fabio quando si sente male il giorno del parto...
Mi piaceva poi passeggiare per le vie storiche: via Claudio, via dei Lucilii e soprattutto via dei Fabbri Navali, dove c'è un aria di antico, di bello. Io abitavo allora in Piazza della Stazione Vecchia, sopra il vecchio tabaccaio, sul balconcino al primo piano. Ho fatto anche varie mostre di pittura ad Ostia, in quanto dipingevo. La copertina del libro per esempio è un quadro di mio nonno. Adesso abito ad Ostia Antica....ancora c'è una vita a dimensione d'uomo...

La creatività spesso ritorna anche nel tuo romanzo?

Il medico che Fabio incontra in realtà era anche un pittore. La prima volta che Fabio lo vede non gli piace..il suo studio odorava di strano..era abituato agli odori buoni... lui lo detestava per quell'odore. Il primo impatto fu negativo. Il medico aveva le unghie sporche..ma perché? Poi capisce che era un pittore che usava le mani per le sue opere. Nel libro ci sono pochi dialoghi, perché Fabio non parla..anche se è lui la voce narrante...Ad un certo punto davanti al dottore lui urla..il medico capisce subito che in lui c'era qualcosa di speciale!
Lo studio mi ricorda uno di quelli al piano terra un po' bui e antichi di Viale Regina Maria Pia.
Lui si sente come il ciocco di legno buttato via da Mastro Ciliegia, che lo scarta e lo regala a Geppetto che lo tira su con amore! La mamma è come Geppetto che prende il suo ciocco di legno.

Com'è cambiata l'integrazione di un disabile in una classe, dopo la tua esperienza di 25 anni di insegnamento?

Sicuramente è migliorata. Però devo dire che quando ho insegnato la prima volta nel 1984, sono stata già fortunata perché il disabile era il disabile di tutta la scuola, non solo dell'insegnante. Il bambino lavorava insieme a tutti gli altri! Io quindi ho vissuto una realtà sempre positiva! Come supplente (nel 1985) invece ho visto insegnanti che demandavano il bambino solo all'insegnante di sostegno! La legge 517 del 1977 ha aperto la testa a chi cercava di non vedere! Ora infatti si tende a lavorare sul disabile come ricchezza, come spinta a fare! Il disabile è colui che crea la coesione nella classe, sembra strano ma è proprio così! Anche attraverso il gioco si arriva al percorso e alla progettazione! Molto spesso gli altri bambini vengono chiamati ad aiutarci in questo.

E le "nuove" malattie dell'apprendimento: dislessia, disgrafia, disortografia e disprassia?

La dislessia e la disgrafia non rientrano nell'ambito del sostegno, ma grazie a nuovi ausili sia dispensativi che compensativi il bambino viene tutelato dalle leggi. Viene sempre fatto un piano didattico personalizzato (il PDP) con i genitori. Per tre anni ho lavorato con un bambino dislessico puro: ora fa la prima media e nel primo quadrimestre ha preso 9 e nel secondo un bel 10!! La spinta è sempre quella di credere negli altri; se il bambino si sente accettato e capito, ma anche ascoltato, tira fuori tantissimo!

Riesci tu a focalizzare tali problematiche, se non vengono preventivamente segnalate?

Si, soprattutto in prima elementare cerchiamo di fare molta attenzione! Grazie a ciò riusciamo a individuare meglio tali problematiche, rispetto al passato! Non esistono più bambini dell'ultimo banco, non ci sono più alunni con orecchie da somaro o da lavagna! L'occhio dell'insegnante sta cambiando. La scuola ha il dovere di uniformarsi alla società! Se la società ci chiama a fare qualcosa, noi dobbiamo sentire in pieno la nostra responsabilità! Molto ha fatto la scuola dei moduli, che purtroppo ora stanno togliendo: essa apriva le porte tra i docenti, perché anche chi non era attento era costretto a farlo per la gestione multipla della classe!
La dislessia può essere focalizzata dalla terza in poi, almeno che non sia molto eclatante! Alle materne possiamo individuare casi di disprassia! Già dalla prima elementare però, attraverso il dialogo, i giochi e il piano grafico (come i bambini prendono la matita, come strutturano il foglio) riusciamo a renderci conto.

Ti capita di incontrare per Ostia i tuoi ex alunni ormai diventati grandi?

Alcuni ex alunni vengono addirittura a casa insieme alle mamme, perché in 5 anni si diventa amici, pur lasciando i ruoli ben definiti nel rispetto assoluto delle figure. Ciò crea la massima collaborazione che porta al bambino felice! Ognuno di loro ha un pezzettino di spazio nel mio cuore!

C'è tanta passione nel tuo lavoro e nelle tue parole!

Quella è la spinta fondamentale: tanta passione ma anche tanta pazienza e tanta professionalità! Molta preparazione, perché non è un lavoro che va fatto con leggerezza! Il bambino ti chiede e tu hai il dovere di dire quanto sai, in maniera cosciente..non va buttata lì la risposta perché i bambini sono piccoli, neanche in prima elementare! Quello che chiedono loro lo vogliono sapere bene e precisamente..e poi se lo ricordano e se lo portano dentro.

C'è un episodio che ti rimarrà sempre più degli altri?

Ce ne sono tanti, sai belli che brutti! Mi ricordo un giorno che lavoravo il pomeriggio. Mi venne incontro il nostro custode Sebastiano dicendomi:"Giovanna sapessi..è arrivato un bambino terribile!" . Era un bambino che scappava da tutte le scuole, si buttava giù dalle finestre e se ne andava...Ebbene..siamo arrivati alla fine dell'anno e questo bimbo aveva la febbre a 40: chiamò la madre a scuola e lui diceva "Voglio andare a scuola..ci voglio andare". Adesso ha 28 anni e l'ho incontrato poco tempo fa! Un giorno di giugno c'era un buffet a scuola per un pensionamento! Vedo un enorme ragazzo da dietro e lui si gira dicendomi "Ti ho aspettato tutto il tempo...ho portato il catering e quando ho saputo che arrivavi ti ho atteso". Quando l'ho riconosciuto lui mi ha detto "Maestra grazie..io ero un bambino perso...".
Un altro bambino che ricordo sempre è il primo bambino autistico che ho avuto: ancora lo sogno la notte Era sordomuto, almeno dicevano..ma un giorno mi ha chiamato mamma!! Quando facemmo il GLH finale il neuropsichiatra ci disse. "Voi ora dovete dimenticarlo....Ora sta troppo dentro di voi... " Ma lui ormai era già dentro di me! Ancora lo cerco ma non riesco più a trovarlo...il padre era il segretario della scuola! L'ho rivisto diversi anni fa quando aveva 18 anni ma poi non più! Adesso avrà circa 40 anni....".

Il libro è quindi un forte messaggio?

Attraverso questo libro Fabio racconta tante cose importanti e parla anche a chi lo guarda con gli occhi bassi, come per dire "guardami.. io ci sono". Attraverso questo libro molte persone hanno imparato a guardare con altri occhi la disabilità. Spesso è una forma di timore, paura o rispetto. Quando ero piccola mia madre mi diceva sempre "Quando vedi un bambino che ha dei problemi non lo guardare perche ci rimane male". Io invece dico quando vedi un bambino in carrozzina guardalo, così si sente considerato!
Mi viene in mente che in realtà sin da quando ero piccola ho avuto sempre la tendenza verso il prossimo! Alle elementari ero compagna di banco di una bambina molto povera, sempre col fiocco storto, il grembiule non stirato e la mia maestra eccezionale, Maria Abruzzese, aveva visto in me qualcosa e io la aiutai.
Se avessi seguito quello che mi diceva papà avrei dovuto fare il tecnico di laboratorio, ma invece ho voluto fortemente e con rispetto ho scelto il mio percorso, ho scelto di insegnare! Sono convinta che la via vada scelta, condivisa..nasciamo già con le idee chiare!!

Intervista rilasciatami di persona il 16 giugno 2014

Foto album di Ostia


 
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