La mia Ostia

di Aldo Marinelli

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Intervista a Tiberio Bellotti

Intervista a Tiberio Bellotti

la città di Ostia

Incontro Tiberio Bellotti nella bottega di commercio equo e solidale ad Ostia. Sono molto incuriosito ed interessato a questo mondo e cerco di capirne qualcosa in più.

Come nasce la Tenda dei Popoli?

La Tenda dei Popoli fu aperta nel 1996 grazie all’idea di alcuni amici di portare questa nuova economia anche qui ad Ostia. Nasce come gruppo di appoggio di una bottega già strutturata a Roma e poi nel giro di qualche anno diventa una vera e propria bottega. Fino al 2006 siamo stati in via Mar Giallo e poi nel 2007 abbiamo tentato il salto come Cooperativa Sociale Onlus con uno spazio un po’ più grande, qui in via Polinesia. Siamo soci del Consorzio Altromercato che è l’importatore di commercio equo e solidale più grande in Italia e tra i più grandi in Europa.
Nel 1996 fu una sfida molto grossa, anche se lo è ancora tuttora. Questo tipo di commercio era pressoché sconosciuto ad Ostia allora, sebbene nasca negli anni 70 in Olanda. A quell’epoca avevo 16 anni e divenni un volontario della bottega nel 1999 ed adesso sono lavoratore e responsabile.

Puoi raccontarci cosa si intende per commercio equo e solidale?

E’ un’economia differente che non prevede lo sfruttamento delle persone al contrario di quella standard basata sull’andamento del mercato e della borsa, ed in cui tutto il resto è subordinato.
Quando sono stato nel nord del Ghana ho avuto l’esempio di ciò.
Esisteva una piantagione di cotone gestita da una multinazionale africana. Regalavano i semi ai contadini, ma quando tornavano a prendere il cotone coltivato, contrattavano il prezzo, per cui invece di dare il compenso giusto al netto delle spese dei semi, lo valutavano in base al mercato. Se il mercato prevedeva che il cotone costava di meno, sostanzialmente potevano anche non dare i soldi al contadino.
Noi cerchiamo di fare il contrario, mettendo il lavoratore al centro del progetto, per cui chi coltiva o lavora è il partner diretto. Tra chi vende e chi produce non ci sono altri intermediari che richiedono la percentuale, e non si crea speculazione. Si decide con il lavoratore il prezzo in base al lavoro e non al mercato.
Altra cosa fondamentale è che questi accordi non sono a breve ma a lungo termine per fornire al lavoratore una prospettiva e una dignità alla persona.

Dove si crea questo tipo di lavoro?

Ciò avviene lì dove c’è depressione economica e sociale, quindi al 99% in continenti come Africa, Asia e America Latina. Esiste anche qualche progetto in Italia, in situazioni sociali molto delicate, come quella del mondo del carcere. Vendiamo infatti biscotti, vino e birra prodotta dai carcerati che permette di dare loro un futuro quando usciranno dal carcere. La stessa Libera, che lavora sulle terre confiscate alla Mafia, corre parallela al commercio equo e solidale.

Come ha reagito Ostia negli anni?

Ostia ha due facce: da una parte ci sono tantissime persone che hanno difficoltà a seguire questi ragionamenti soprattutto per motivi socio-culturali, in quanto non accedono ad un certo tipo di informazioni o non le approfondiscono. Inoltre c’è una scarsa fiducia di quello che ognuno di noi possa fare per migliorare la situazione, che a volte si confonde anche con la carità.
Dall’altra parte esistono molti cittadini veramente interessati e ciò si vede anche dal gran numero di piccole associazioni che si propongono per la cooperazione e per il sociale, tutti temi accostabili al commercio equo e solidale.
Negli anni ci sono state varie iniziative, culminate nel periodo tra il 2001 e il 2004, col G8 di Genova e con Ostia città solidale. Negli anni abbiamo creato delle collaborazioni con Efo&Awa, Ostia per l’Africa, Libera stessa.
Continua a non essere semplice diffondere il messaggio al di fuori di un determinato gruppo. Per questo cerchiamo di essere il più possibile in piazza, come davanti a Le Chat in Piazza Cesario Console o con Spazi X Cultura.

Avere una bottega del genere non è solo una questione commerciale, ma è anche uno stile di vita?

Sono una persona abituata a parlare poco, a studiare, a non propormi come comunicatore. Stare in una bottega del genere, che non viene chiamata negozio proprio per dare un senso di apertura con le persone, significa raccontare cosa c’è dietro i prodotti, perché ci sono volti, persone e storie. All’inizio è stato uno shock, ma del tutto positivo.
Lo stile di vita era già presente in me, avevo interesse per questo mondo. Nel frattempo sono diventato archeologo, ma poi quando mi sono ritrovato a fare una scelta, ho scelto questo, perché ci credo tanto, mantenendo l’archeologia sempre come attività secondaria.
Provo tutti i prodotti proprio per capire cosa offro, ed avrei difficoltà a comprare altri prodotti.

Avete sviluppato anche il chilometro zero?

Da poco abbiamo sviluppato anche questo tipo di commercio che è un’espansione naturale della bottega. Tutto ciò rientra nel filone della sostenibilità economica, sociale ed ambientale. Parlare di caffè km zero non è possibile, ma con quei prodotti dove è possibile è importante sostenere l’economia locale, con basso impatto.

Ci sono stati episodi che ti fanno pensare che le persone ancora non hanno capito?

Un esempio recente che mi ha fatto sorridere è successo quando stavamo ad un banchetto e per fortuna c’era un po’ di fila. Una signora rimasta indietro e sorpassata più volte esclama: “Ma che so negra?”. Difficile sradicare alcuni schemi: spesso le persone soprattutto all’inizio prendono i prodotti perché sono di moda, perché sono bio o somigliano a quelli dell’erboristeria.

Sono veramente più cari questi prodotti?

La prima cosa da dire è che il commercio equo e solidale mette il prezzo trasparente, con la sua composizione totale. In alcuni prodotti i prezzi sono in una fascia medio-alta anche se la qualità è differente e maggiore è il margine che viene dato a chi lo produce.
Ma non sempre è così: i caffè per esempio hanno lo stesso prezzo di quelli del supermercato. Anche la pasta bio fatta in Italia ha dei prezzi assolutamente competitivi.
Certo la crisi ha inciso, ma avendo ampliato la gamma anche ai prodotti di prima necessità questi vengono sempre comprati.
Qui trattiamo tre tipologie di prodotti: alimentari, cosmesi e bomboniere.

State promuovendo anche un altro tipo di realtà vero?

Si stiamo cercando di proporre i nostri prodotti in più attività commerciali del territorio. Ci sono molte realtà che stanno aderendo come la Spiaggetta, il Figoli Bistrot, i Mercanti del gusto, Le Chat o il Giardinetto. Noi facciamo i distributori ma con questa logica: diamo dei pannelli informativi sui prodotti utilizzati affinché siano visibili a tutti e per creare una rete, presentata anche al Municipio, per dare una certificazione solidale a quei locali del Municipio che facciano delle scelte ben precise (equo e solidale, km zero, sostenibilità)

Intervista rilasciatami di persona il 30 maggio 2015

Foto album di Ostia


 
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