Coprinopsis picacea: la “gazza” tra i funghi dell’inchiostro
Il colore di questo fungo richiama proprio il piumaggio della gazza comune
Chi attraversa i boschi umidi d’autunno può imbattersi in una visione insolita: un fungo slanciato, col cappello bruno-nerastro cosparso di scaglie bianche, tanto da ricordare la livrea di una gazza. È il Coprinopsis picacea, fra i più scenografici membri dei cosiddetti funghi dell’inchiostro, l’opposto del classico porcino per estetica, destinazione d’uso e ciclo vitale.
Il nome picacea non è casuale: la colorazione del cappello, bruno con squame bianche, richiama proprio il piumaggio della gazza comune, sottolineando il valore del linguaggio scientifico come strumento divulgativo.
Coprinopsis picacea si sviluppa su terreni ricchi d’humus e lo si può osservare subito dopo forti piogge.
La peculiarità più nota di tutti i funghi dell'inchiostro sta nella deliquescenza cioè quella particolare evoluzione che hanno le lamelle e il cappello: la rapida autodigestione che lascia una poltiglia nera simile all’inchiostro. Antiche leggende e pratiche raccontano che, in tempi passati, da questa sostanza veniva prodotto un rudimentale inchiostro naturale. Tuttavia, sono altre specie, come Coprinus atramentaria, ad aver avuto un rilievo maggiore in queste applicazioni.
Attenzione però: il Coprinopsis picacea è sospetto o potenzialmente tossico, non commestibile e sconsigliato a chiunque. Contiene coprina, una sostanza che in presenza di alcool può provocare la cosiddetta “sindrome coprinica”, con sintomi gastrointestinali; la carne è fragile e trasuda odori sgradevoli, scoraggiando ulteriormente la raccolta.
di Aldo Marinelli del 08 novembre 2025



